Con l’elezione del sindaco Gualtieri molti tra noi hanno sentito la necessità (e nutrito la speranza!) che i cinque anni che avevamo davanti avessero il sapore di una consiliatura costituente, che superasse l’inadeguatezza della struttura amministrativa della Capitale, esempio unico tra le capitali del vecchio continente, insieme alla sua complessità, anch’essa peculiare. Amministrativamente una città troppo grande e troppo piccola per essere gestita: troppo grande per occuparsi della vita dei quartieri, troppo piccola per governare l’area vasta di cui è centro, ben oltre i confini dell’area metropolitana definita dai confini dell’ex provincia. La necessità di riforme strutturali per il governo della Capitale d’Italia troppo a lungo è stata anche un alibi per non operare con decisione sull’articolazione amministrativa di Roma e il rapporto con i suoi Municipi. E’ la ragione per cui da subito il Sindaco Gualtieri ha convocato la conferenza dei Presidenti dei Municipi di Roma, fatto inedito, e formato il gruppo di lavoro per mettere mano al Regolamento del Decentramento Amministrativo, fermo al 1999.
Ora però dobbiamo completare quel percorso.
Perché se è vero che la tendenza in voga da anni è quella di dare maggiori competenze ai municipi, questo movimento rischia di essere una sommatoria, senza il disegno organico della riorganizzazione dell’amministrazione capitolina.
Anche alcune impostazioni di valore fatte fin qui rischiano di essere episodi, più che una politica decisiva per il benessere delle persone e incisiva sulla trasformazione dei quartieri in cui queste abitano. C’è bisogno di una robusta copertura, dal nuovo regolamento scritto con entusiasmo dall’Assessore Catarci insieme a Presidenti e Direttori dei Municipi. Perché quanto concretizzato fin qui non riesce ad assumere quel valore di ristrutturazione organica di cui tutte e tutti in città avvertono l’esigenza.
Senza approvare il nuovo decentramento con le innovative procedure per l’elaborazione del bilancio, che daranno un effettivo protagonismo ai Municipi, continueremo ad aspettare la ripartizione delle risorse, sempre con qualche sorpresa, invece di rendere i Municipi responsabili e partecipi delle politiche di bilancio di Roma. I Municipi incassano risorse importanti e molte altre le impegnano per la cura della città: strade, marciapiedi, verde pubblico, scuole, oltre che i servizi alla persona. Siamo impazienti di poter scrivere il bilancio, per parte nostra, con l’assessora Scozzese come previsto dalla bozza del nuovo decentramento: crediamo che i tempi siano maturi perché i municipi siano messi nelle condizioni di operare e programmare in autonomia le proprie scelte e non soltanto richiedere correttivi alla Ragioneria, per rispondere con tempestività alle richieste dei cittadini, magari anche anticipare la risoluzione dei problemi, prima che emergano con maggiore durezza.
Abbiamo annunciato l’AMA di municipio, che però rischia di essere una sovrastruttura rispetto alla parte operativa della municipalizzata, senza calare nei quartieri alcun servizio ulteriore rispetto al giorno prima; anche l’assessora Alfonsi pensa a contratti di servizio “territoriali”, ma se non avvertiamo l’urgenza di concretizzarli rischiamo che diventino un obiettivo senza tempo, vanificando la buona idea e l’azione fin qui portata avanti, confondendo le aspettative delle romane e dei romani sulla nostra effettiva volontà di arrivare a quel necessario salto di qualità.
Un nuovo piano per il benessere della città. La maggiore e più grande competenza dei Municipi, storicamente, riguarda i servizi sociali: decine di migliaia di prestazioni di cura, assistenza, inclusione e diritto allo studio per le persone con disabilità, gli anziani, i minori, le categorie a rischio di esclusione sociale. Un ambito sul quale si è già avvertita la volontà dell’amministrazione tutta, con maggiori fondi che hanno permesso in molti territori di avviare quello scorrimento delle liste d’attesa che non avveniva da troppi anni.
Ma quanto sarebbe valorizzata questa competenza se alle amministrazioni più vicine ai cittadini, a partire dai più fragili, affidassimo per intero la promozione e le politiche dello sport?
Siamo certi che questa sarebbe la chiave di volta per realizzare in città anche quell’impiantistica di quartiere per tante discipline sportive, che non hanno spazi e luoghi, e che invece sarebbero accolte e promosse a partire dai territori della città, diffondendo la pratica sportiva, facendola diventare prossima e accessibile a molte più persone, specie per le ragazze e i ragazzi, e colmando il gap storico con gli altri paesi europei e le diseguaglianze tra diversi quartieri della città in termini di opportunità e occasioni. Quanto varrebbe questo per la costruzione di nuove politiche del benessere? Ridaremmo il giusto peso allo sport di base e alle strutture al suo servizio, senza correre il rischio di confondere o scambiarne il ruolo e la funzione con i grandi eventi, che a Roma servono per promuovere la città, ma da soli non la cambiano.
Allo stesso modo, potremmo centrare sui territori anche le attività culturali, lasciando al Campidoglio le manifestazioni, i festival e le rassegne di carattere cittadino e internazionale? Le risorse da destinare alla cultura sono ancora oggi destinate ai diversi Municipi della città in un modo che sembra aleatorio, più che per colmare l’assenza di teatri, cinema, istituzioni culturali nei quartieri, dunque di accessibilità della cultura per le persone che abitano in quei luoghi. Possiamo riprogrammare la cultura in città, a partire dalle disparità tra diversi quartieri, per provare a rimuovere gli ostacoli che oggi sembrano insormontabili tra chi abita a Morena e chi in un quartiere di una zona semicentrale della città?
E’ partito proprio in questi giorni il processo che porterà ciascun territorio a formulare il proprio Piano Regolatore Sociale. Possiamo usare questo tempo che abbiamo a disposizione, non molto, perché sia un piano in cui la lettura dei bisogni espressi in un municipio, quindi anche la cura e il benessere delle persone, abbiano nuovi strumenti per agire, come lo sport e la cultura.
In più c’è un dato politico che dovremmo valorizzare, che a volte sembra poco curato: i Municipi da qualche anno ormai rivestono un ruolo fondamentale per la partecipazione e per la promozione di interventi innovativi nella città. Solo ascoltando e accogliendo la partecipazione delle realtà territoriali e costruendo proposte di qualità abbiamo potuto insediare servizi innovativi per il territorio, che possono avere un valore per tutta Roma. Il Portierato Sociale a Tufello, grazie al gruppo di Grande come una città e Anteas, la Coabitazione a Bufalotta grazie alla progettazione fatta da parrocchie, sindacati, terzo settore, attuata dalla cooperativa Spes contra Spem e l’associazione PsyPlus, il percorso per una Casa delle Culture fatto dal collettivo dell’Agenda per la cultura partecipata; e ancora, la “Casa di Ornella”, una struttura di semi-autonomia, che offre aiuto a persone discriminate per la loro identità di genere o orientamento sessuale in un bene confiscato alla criminalità organizzata sul territorio del Municipio VII. Nel Municipio V, grazie alla visione rivolta all’implementazione dei servizi alla persona, non solo abbiamo continuato l’esperienza di Villa Luigia nel quartiere di Villa Gordiani che tramite la coop Meta assiste persone fragili mantenendo l’autonomia sociale, ma verranno implementati a breve con l’apertura di ulteriori servizi. In zona Collatino vedrà la luce un cohousing per anziani dove le persone seppur autosufficienti ma sole potranno risiedere socializzando fra loro. In zona Centocelle ci sarà il primo dopo di noi municipale pensato e in fase di realizzazione con Asilo Savoia. Sempre nel quartiere Collatino prenderà vita un polo abitativo mamme con bambini, servizio anch’esso, come i precedenti, pensati soddisfare i bisogni delle persone
Ecco. Se da una parte il Campidoglio si è dotato con coraggio di nuovi strumenti per la gestione del patrimonio, per l’amministrazione condivisa dei beni comuni, dà impulso ai territori, come ricorda Andrea Catarci, per costruire e diffondere sul territorio le Comunità Energetiche, o promuovere la cultura con i Musei Diffusi nei quartieri, quello che manca ancora è il potenziamento dei Municipi, che passa attraverso il nuovo decentramento. Non possiamo permetterci di adottare nell’ultimo scampolo della consiliatura questo strumento, perché per renderlo veramente operativo servirà tempo, forse anni. Proprio per questo dobbiamo fare bene e in fretta. Non abbiamo alibi.
[articolo apparso sul blog Diurna.net a firma mia e dei colleghi Mauro Caliste e Paolo Marchionne]